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domenica 6 aprile 2014

"Arteterapia?! Cos'è?"


Arteterapia. Appena ne scoprii l'esistenza, seppi con certezza cosa avrei fatto nella vita.

La stessa sicurezza non accompagna, però, molti dei miei interlocutori, i quali restano smarriti di fronte a questo nome mai sentito prima, che pronuncio scandendolo bene ed alzando leggermente il tono della voce, con la piena consapevolezza del privilegio che possiedo, avendo potuto fare esperienza di quanto accade in un atelier di arteterapia.
Si tratta di una forma di terapia espressiva, dunque non-verbale, che utilizza i materiali artistici come principale media. Essa favorisce l’espressione del sé, la riparazione, l’integrazione, la trasformazione ed aiuta l’utente a dare forma alle immagini dell’inconscio e a percepirsi come individuo capace e competente. Essere arteterapeuti significa lavorare in ambito clinico, toccando con mano il disagio psichico, la disabilità, i traumi, le malattie degenerative e molto altro.
Ma soprattutto, significa, in qualunque contesto, guardare oltre, scoprire ciò che resta, la potenzialità  che, con l’arteterapia, si rivela ed assume il carattere di risorsa.
Ed il privilegio a cui facevo pocanzi riferimento è quello di poter assistere, essere testimone di un processo creativo, di poter sentire le vibrazioni, osservare i gesti, le espressioni di chi crea, entrare in empatia, veder nascere e crescere un’opera. 
Esserci, affinché anche l’altro possa essere.                                           
Ph Sabrina Casiroli
Nella relazione che si instaura all’interno dell’atelier,il terapeuta conosce ogni utente e lo riconosce, lo ritrova,
lo riscopre, nell’uso di ogni singolo colore, in ogni segno,
nel suo modo, unico ed originale, di orchestrare punti e linee.
Ma l’arteterapeuta non si limita ad assistere, stupito e meravigliato, alla gestazione di ciascuna opera, che in quanto espressione di un vissuto personale, ha sempre un valore inestimabile; il terapeuta deve sempre essere in contatto con se stesso e l’altro, essere consapevole di ciò che sente e di ciò che nell’altro avviene, imparando a leggere il linguaggio non-verbale; incoraggia, consiglia, ‘contiene’, conserva la memoria, valorizza, assume il ruolo di ‘terza mano’. Crea una relazione, in cui è soggetto attivo, come ogni singolo utente che egli/ella supporta, sostenendone le iniziative artistiche, in uno spazio protetto, in una dimensione relazionale che si basa sul non-giudizio e l’accettazione.
Al pari dell’utente, si sperimenta e si confronta con la paura dell’ignoto, la sfiducia, la fatica, i propri limiti, le proprie difese. E nel fare ciò, anche il terapeuta diviene sempre più consapevole delle proprie risorse.

Non c’è nulla al mondo che mi dia più gioia del poter offrire a qualcuno il tempo, lo spazio e l’opportunità di sedersi ad un tavolo e disegnare, dipingere o modellare, far emergere quell’energia creatrice, che è insita in ogni essere umano.
Esprimere la propria creatività significa riaffermare la vita e la propria identità, il diritto di essere se stessi e di ricercare il proprio benessere.


Glenda Acito

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