Dietro la rivalità che coinvolgono le due nazioni si celano motivazioni storiche: dal 1996 al 1999 Albania e Serbia si contesero la regione del Kosovo, abitata dagli albanesi ma formalmente legata, dopo la dissoluzione dell'ex Jugoslavia, alla Serbia. La popolazione kosovaro-albanese ingaggiò una dura lotta contro le truppe serbe inviate dal generale Milosevic. La guerra si fermò grazie all'intervento della NATO, ma ancora oggi non può dirsi definitivamente conclusa.
| La rissa scoppiata in Serbia dopo il drone. |
Il 14 Ottobre scorso le due nazioni si trovarono l'una di fronte l'altra alla Partizan Arena: fu tutto meno che una partita di calcio.
Alla mezz'ora del primo tempo un drone con la bandiera della 'Grande Albania' sorvolò l'impianto sportivo di Belgrado e quando il giocatore serbo Mitrovic strappò la bandiera dall'apparecchio si scatenò una rissa che coinvolse tutti: dai giocatori ai membri dello staff, fino ad arrivare ai tifosi. In quell'occasione il Tas di Losanna da prima decise di dare la vittoria a tavolino all'Albania comunque penalizzandola contemporaneamente di tre punti (praticamente non decise nulla), per poi spostare la penalità dall'Albania alla Serbia.
Quel giorno, anche se a nessuno è sembrato importare, sono svanite le speranze di vedere la Serbia ai prossimi europei.
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| Adem Ljajic da gioia ai serbi all'Elsaban. |
Il C.t. serbo minaccia di non far scendere in campo i suoi se non vi fossero le necessarie condizioni di sicurezza e l'Elbasan, scenario del match, viene reso un vero e proprio fortino di guerra.
In campo invece? Altra non-partita almeno fino al 90': l'Albania cerca di controllare il pareggio con un occhio al risultato di Portagallo-Danimarca. Tutto è pronto per la festa, ma nei minuti di recupero la Serbia si trasforma: al 91' va avanti grazie al goal di Kolarov, vecchia conoscenza del calcio italiano, ed al 94' raddoppia con l'ultimo arrivato in casa nerazzurra Adam Llajic.
Non tutto però è perduto! L'Albania si dispera per non aver sfruttato l'occasione, ma la dea bendata ne concede un'altra a De Biasi e ragazzi: vincere domenica in Armenia per non gettar viva il sogno europeo. Festeggiare di fronte al proprio pubblico e sotto gli occhi dei propri 'nemici' sarebbe stato bello, ma forse è meglio che sia finita così.


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